I collanti
In automobili molto antiche è possibile trovare traccia di collanti su base animale. Questi collanti ben presto però vennero rimpiazzati dalle colle UF. Introdotte nel mercato negli Anni '20, sono costituite da formaldeide ed urea. Formano un legame nel legno estremamente rigido e soprattutto molto stabile alle temperature. Queste colle non rammolliscono all'aumentare della temperatura, formano un incollaggio efficace in pochissimi minuti ad alta temperatura e sono relativamente economiche.
Ecco perché rappresentano la scelta di tutti i costruttori per unire le impiallacciature alle basi.
L'umidità e l'acqua distruggono però questa famiglia di collanti. Molti compensati delaminati o impiallacciature staccate, sono dovuti a queste aggressioni.
Collanti a contatto come quelle a contatto neoprenico (Bostik Superchiaro ad esempio) o viniliche non si adattano all'ambiente dell'automobile.
Noi preferiamo impiegare altri generi di collanti, generalmente più elastici rispetto alle UF ma resistenti ad acqua ed umidità.
Sottoparabrezza di una Mercedes W108. La delaminazione è dovuta all’infiltrazione di acqua e umidità dalla guarnizione del parabrezza. Questo ha degradato completamente la colla formaldeide.
Le finiture
Alchidiche: Nei veicoli prodotte durante l'albore dell'automobilismo era comune trovare verniciatura a base alchidiche, essenzialmente poliesteri ad olio.
Nitrocellulosa: Le prime vernici vennero ben presto sostituite da vernici nitrocellulosa, le quali hanno la peculiarità di poter essere stese in diverse mani sottili senza carteggiature intermedie. Ogni mano stesa, scioglie la sottostante e si lega chimicamente in un unico insieme. L’essicazione in fuoripolvere è immediata. Tuttavia l’essicazione in profondità e quindi la possibilità di poterle carteggiare, è piuttosto lunga e possono essere necessari anche fino a 6 mesi dalla stesura per una perfetta essicazione. Soffrono particolarmente i raggi UV e gli sbalzi di temperatura. Con il passare del tempo cristallizzano e perdono di elasticità, formando delle micro crepe caratteristiche a zampe di gallina.
Spesso non facili da individuare. L’invecchiamento della nitrocellulosa si manifesta con una “rete” di piccole fratture, indicata spesso come “zampe di gallina”.
Poliestere. Negli anni 70, con la razionalizzazione delle produzioni, l’aumento degli esemplari prodotti per ciascun modello, i costruttori si organizzarono per poter produrre parti in legno pregiato a costi decisamente inferiori rispetto al passato. Questo momento coincide con l’avvento dei modelli W114 e R107 in Mercedes-Benz, con le Silver Shadow e T nel mondo Rolls Royce/Bentley, con la XJ 3° serie in Jaguar. La resina poliestere viene impiegata generalmente per l’impregnazione della fibra di vetro per la produzione di vetroresina. Si tratta di prodotti catalizzati a rapida essicazione, anche in profondità. È possibile stendere enormi spessori (nell’ordine di millimetri) in poche mani, a tutto vantaggio di carteggiature e lucidature virtualmente senza rischio di consumare la finitura stessa. Ha dei costi contenuti.
Le resine poliesteri sono piuttosto inquinanti e possono emettere sostanze dannose (stirene) per mesi. Non hanno resistenza ai raggi UV, ingialliscono e perdono di trasparenza, contribuendo a creare il tipico effetto “legno finto”. Creando un film estremamente spesso e rigido, spesso non riescono ad assecondare i naturali movimenti del legno, dando vita a vistose crepe. Contribuiscono in maniera determinante all’ossidazione del legno. Non fungono da barriera all’umidità. Spesso le impiallacciature precedentemente verniciate con questa finitura non possono successivamente essere salvate e devono essere sostituite. Con la medesima filosofia le resine poliesteri possono essere impiegate per l’impregnazione dei tessuti in carbonio, o a loro volta, tessuti in poliestere nero, finto carbonio. Questa tipologia di manufatti è destinata ad avere una vita utile breve. Possono solo essere concepiti come elementi di finitura molto economici, anche se molte pubblicità commerciali le presentano come derivati della Formula 1. Sono destinati a generare crepe a causa della loro consistenza vitrea e soprattutto non si possono riparare. Qualsiasi manufatto in carbonio deve essere realizzato da tessuto di carbonio e resine epossidiche.
Ben visibile il comportamento delle resine poliesteri: crepe, perdita di trasparenza, ossidazione del legno.
La mia proposta si basa essenzialmente su un ciclo di finitura esclusivo, volto a risolvere efficacemente le problematiche tipiche delle precedenti. Si basa essenzialmente su 3 prodotti a matrice epossidica e copolimeri. Resine epossidiche con ottima resistenza ai raggi UV e quindi all’ingiallimento. Predita di trasparenza pressoché nulla, emissioni sostanzialmente nulle di inquinanti durante la vita utile del prodotto e sostanziale diminuzione durante la stesura. Esse costituiscono un’efficace barriera contro l’umidità e l’acqua. Inoltre, pur formando un film piuttosto rigido, conservano nel tempo un’intrinseca elasticità che permette di assecondare i movimenti del legno, senza crepare. Permettono una lucidatura a specchio con una notevole trasparenza e brillantezza. Per contro, sono leggermente meno resistenti al graffio rispetto alle poliesteri, necessitano di essere applicate in numerose mani sottili, hanno bisogno di temperatura e umidità ambientale costanti e ben definite durante la lavorazione, necessitano costantemente di forno e di post cottura dopo l’applicazione. Richiedono una notevole abilità nella carteggiatura e lucidatura e conseguentemente hanno un prezzo molto elevato per un risultato definitivo.
Finitura in epossidica, caratterizzata da grande trasparenza e brillantezza, priva dell’effetto plastica.
I legni
Per tutte le automobili, vengono utilizzati sottili fogli di legno, incollati su delle basi più spesse e resistenti: legno massello, compensati e metalli e nel nostro caso… anche fibra di carbonio!
L’impiallacciatura nasce nel XIX° secolo, con la diffusione di enormi macchinari atti alla produzione di impiallacciature. Queste macchine, a livello concettuale, sono equivalenti ad affettatrici per salumi. Il tronco viene affettato, le fette sono appunto i fogli di impiallacciatura. Oggi esistono aziende specializzate nella tranciatura e commercializzazione di questi specifici prodotti, ben catalogati per tipo di essenza e livello di qualità. Esistono infatti a parità di specie, tronchi con disegni più pregiati e altri meno, con conseguente differenza estetica e di prezzo.
È importante considerare che una determinata specie legnosa può produrre tronchi anche molto diversi tra di loro, come il caso della radica di noce o del palissandro. Quindi, al di là del degrado dovuto al sole ed altri fattori ambientali, non è casuale che vi siano notevoli differenze estetiche tra la radica di noce di una Mercedes-Benz W111 coupé cabriolet e quelle, per esempio, delle SL R107. Lo stesso discorso vale per quelle di una Bentley S e quelle di una XJ 3° serie berlina. I Costruttori hanno compiuto scelte precise al momento di ordinare le impiallacciature dai loro fornitori. Nel caso delle W111/112 e delle S, sono state impiegate impiallacciature di qualità eccezionale; nel caso delle 107 o delle XJ 3° serie la qualità era decisamente inferiore, spesso occultata da tinte per legno che, oltre ad uniformare le differenze naturali, mascheravano ampiamente il disegno e la vena.
Per un restauro di livello è molto importante impiegare il corretto tipo di qualità dei piallacci e non solo il corretto tipo di essenza. Spesso questo parametro non viene nemmeno considerato: non è difficile infatti vedere una 280 SE cabriolet, rivestita ex novo con del noce tipico a quello impiegato sulle XJ 3° serie 6 cilindri.
Legno finto o legno precomposto: Con una certa amarezza notiamo che alcuni Costruttori impiegano attualmente legno precomposto al posto di legno vero. Questo, per esempio, è ben visibile in alcune BMW X6. Normalmente questo tipo di materiale viene chiamato Fineline, Sarifo, etc. Ma esattamente che cos’è il legno precomposto? Contrariamente all’impiallacciatura naturale che viene ottenuta riducendo un tronco di legno pregiato in fogli, il precomposto si ricava incollando tra loro vari fogli di legno dozzinale colorato, in genere pioppo o toulipier. Il risultato è la realizzazione enormi tavole il cui spessore è caratterizzato dall’alternanza di fogli chiari e scuri, simulando la vena del legno naturale. Affettando queste tavole, si ottengono impiallacciature di legno finto o precomposto, che hanno un costo decisamente inferiore al legno vero. Il problema sta nel fatto che non è difficile imbattersi in restauri in cui è stato impiegato legno finto anziché naturale. A Prima vista possono sembrare piacevoli, ma purtroppo, rispetto a un buon legno naturale, il confronto ha breve durata.
Ebano Makassar naturale appena restaurato in epossidico; a destra legno precomposto effetto Makassar, rifinito in poliestere
Per filosofia di lavoro, non solo non usiamo mai legno precomposto, ma ci rechiamo dai fornitori di persona per selezionare una ad una le impiallacciature da acquistare. Alcune varietà ed alcune specie stanno diventando di difficile reperimento, come la radica di noce europea, o protette come il palissandro Rio. Per quest’ultimo, è possibile usare solo fondi di magazzino.